Quante volte di fronte un’email pubblicitaria ci siamo trovati al fatidico bivio: “la apro o la butto nel cestino?”. Capita sempre. In meno di un secondo il nostro cervello osserva il messaggio recapitato e decide quasi inconsciamente se eliminarlo o dargli vita.
I due fattori che influenzano l’apertura di un’email.
Quando un’email è ancora chiusa, sullo schermo appare come una riga fra tante. Noi leggiamo molto velocemente o addirittura facciamo una scansione per misurare la bontà di:
- mittente (la marca);
- oggetto.
La bontà del mittente racchiude una galassia infinita di elementi oggettivi e soggettivi di cui fanno parte, per esempio, l’awareness, la fiducia, la rilevanza del piano editoriale e tutto il capitale che la marca ha costruito online e offline da quando esiste.
L’oggetto dell’email è più circoscritto e quindi relativamente facile da esaminare. Online ho trovato numerosi post che cercano di definire la formula per l’oggetto ideale. In linea di massima, se le fonti sono affidabili, sono quasi tutti post corretti. Ma spesso sono anche discutibili perché non contestualizzano i casi di cui parlano.
A ogni azienda la sua strategia.
Grazie alla reportistica puntuale e agli A/B test i media digitali ci permettono di fare un continuo lavoro di ottimizzazione che ci porta alla definizione di ciò che è meglio per noi oggi, o al limite domani. Dopodomani chissà.
Per questo ogni azienda oltre a una strategia ricamata su misura, dovrebbe avere a un valido ciclo di planning per tarare periodicamente i messaggi pubblicitari in modo che siano sempre performanti al massimo.
Nessuno può raccomandare di scrivere oggetti che parlino di offerte speciali, o di esclusività oppure che generino un senso di urgenza. Qualsiasi tattica può funzionare, ma solo studiando a fondo il singolo contesto si può definire la strada migliore.
L’oggetto delle email: esistono dei fattori assoluti di successo?
Per me esistono fattori assoluti di buon senso. Io ne ho trovati due, sono una mia elaborazione personale, se cerchi online troverai senz’altro chi è d’accordo e chi no.
Primo fattore: ogni oggetto deve essere una promessa.
“Cosa me ne viene in tasca?” è la domanda dell’utente a cui dovrebbe rispondere ogni oggetto delle email. Se la risposta è decisa e precisa siamo a buon punto per convincere il nostro interlocutore ad aprire l’email.
Se poi riusciamo a dirla in modo creativo, ancora meglio. Ma la creatività non dovrebbe mai intaccare l’immediatezza della lettura e la facilità di comprensione.
Se vuoi avere ulteriori delucidazioni su come formulare una promessa efficiente, ti rimando al mio post: Feature, benefit, promessa, reason why. Un po’ di chiarezza su alcuni dei termini più usati in marketing e comunicazione.
Secondo fattore: brevità.
La promessa dell’oggetto dovrebbe esprimersi entro le prime 27 battute: questa è la lunghezza che ci mette a disposizione il più piccolo degli smartphone, con schermo di 480×320 pixel, quando viene usato con orientamento verticale.
Quante sono 27 battute? Eccole:
27 battute sono molto poche
Appunto, sono molto poche. È difficile fare una promessa in così poco spazio. La buona notizia è che la maggior parte degli smartphone ci concede molte più battute, per esempio un iPhone4 in verticale arriva a 41. Addirittura il monitor del PC supera le 70. Ma il mio consiglio è quello di lavorare considerando il worst case scenario.
Comunque, se proprio si deve fare un oggetto lungo, è bene che la promessa sia leggibile prima dei fatidici 3 punti di sospensione. Praticamente subito.
Sono di questa opinione per alcune semplici e logiche ragioni:
- scrivo un messaggio perché venga letto;
- scrivo un messaggio perché venga letto dalla maggior parte delle persone;
- non voglio che il messaggio appaia troncato per nessun motivo;
- se scrivo un messaggio voglio che venga assimilato: deve avere senso compiuto anche senza l’apertura dell’email.
Penso che siate d’accordo co…